Neuroni
selettivi per la voce umana
DIANE RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 15 giugno 2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Lo studio tradizionale delle basi della risposta cerebrale alle frequenze
della voce umana prevede il riferimento ai sistemi neuronici che fanno capo all’area
41, o area acustica primaria della corteccia temporale, e alle evidenze
relative alle regioni cerebrali attive durante l’ascolto vocale. Ma l’interesse
della ricerca più recente ha spostato il suo focus verso l’individuazione di popolazioni
neuroniche elettivamente implicate nell’elaborazione dell’informazione legata
al riconoscimento della voce. È nota la sensibilità percettiva del cervello per
il riconoscimento del richiamo vocale della propria specie, e un modello
esemplare è la straordinaria capacità della madre di rispondere immediatamente
alle frequenze acustiche del proprio figlio, anche se i suoni laringei sono
emessi a basso volume e a distanza; ma un oggetto di ricerca non meno rilevante
è quello della specificità di risposta di un cervello ai segnali acustici
emessi da individui di specie diverse.
Infatti, tale studio apre un orizzonte di conoscenza sulle basi neurofunzionali
del riconoscimento di predatori e prede, ossia del campionamento percettivo che
può attivare o i pattern emozionali legati alla fight or flight
response oppure l’esecuzione di fixed action pattern per assumere
cibo divorando la preda. Due comportamenti legati a bisogni primari. Ma il
riconoscimento dello xenosegnale acustico, ossia della vocalità di un’altra specie,
si lega anche allo studio dei rapporti tra specie amiche, e alle basi neurali
della loro socialità. A questo filone di studi appartiene la ricerca che indaga
le basi del riconoscimento della voce umana nel cervello di scimmia.
Margherita Giamundo e colleghi, prendendo le mosse dalla nozione che l’uomo
e altri animali hanno regioni cerebrali specifiche dedicate all’elaborazione
della voce dei conspecifici, hanno indagato i neuroni di queste regioni, dimostrando
la loro partecipazione all’analisi acustica dei suoni vocali di membri di
specie diverse con cui c’è consuetudine di rapporto quotidiano. Questo lavoro fornisce
elementi importanti per indagare i meccanismi sottostanti la comunicazione tra
specie.
(Giamundo
M. et al., A population of neurons selective for human voice in the
monkey brain. Proceedings
of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2405588121, 2024).
La provenienza
degli autori è la seguente: Institut de Neurosciences de la Timone, Aix-Marseille
Université, UMR 7289 CNRS, Marseille (Francia); Institute of Language
Communication and the
Brain, Marseille (Francia).
Numerose osservazioni sperimentali ed etologiche supportano l’esperienza
comune di numerose specie animali in grado di estrarre utili informazioni da
vocalizzazioni di esemplari di specie diverse dalla propria. Gli studi di
neuroimmagine hanno consentito di definire con precisione sempre maggiore le
aree della corteccia cerebrale dei primati sensibili alle vocalizzazioni dei conspecifici
– e verosimilmente implicate nell’elaborazione dell’informazione relativa – ma
il modo in cui queste aree elaborino le vocalizzazioni degli eterospecifici è
rimasto indefinito, fino allo studio di Margherita Giamundo e colleghi.
I ricercatori, impiegando l’elettrofisiologia guidata da fMRI, hanno
registrato in due macachi l’attività di picco dei singoli neuroni nelle aree
temporali anteriori specificamente identificate quali responsabili della
risposta principale alla voce (anterior temporal voice patches), mentre
le due scimmie ascoltavano suoni complessi, includenti le vocalizzazioni
di varie specie differenti.
I ricercatori, oltre ad identificare la selettività al livello cellulare
per la vocalizzazione dei conspecifici, hanno scoperto una insospettabile sub-popolazione
di neuroni con una forte ed evidente selettività per la voce umana, non interpretabile
facendo riferimento esclusivamente alla struttura spettrale o temporale dei
suoni.
La geometria rappresentazionale uditiva realizzata da questi neuroni
era fortemente correlata a quella misurata nelle aree per la voce umana
mediante studio con neuroimmagini e, soltanto debolmente, alle strutture
acustiche di basso livello.
Questi risultati, per il cui dettaglio si rimanda al testo integrale dell’articolo
originale, forniscono nuove conoscenze per la comprensione dei meccanismi
neurali implicati nello sviluppo dell’apprendimento uditivo esperto e
nell’evoluzione dei sistemi di comunicazione nei primati.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
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Diane
Richmond
BM&L-15 giugno 2024
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